Come scrivere una scena d’amore non “volgare”
di Lucia Zambrano, web content writer e scrittrice
Siamo sinceri: i consigli pratici su come scrivere una scena d’amore latitano, quanto meno online. Spulciando tra ciò che la rete ha da offrire, si trovano solo consigli su come evitare l’imbarazzo e sul perché NON scrivere di sesso.
In questo artico, darò per scontato che tu sappia che nessuno ti obbliga a scrivere cose del genere. Non te l’ha prescritto il medico e di sicuro non farai i “big money” facendolo (a meno che il tuo nome non sia E. L. James, ovvio). Eviterò anche i soliti: “nascondi le foto dei genitori”.
Qui si parla di tecnica dura e pura. Sei con me?
Cosa rende un racconto “volgare”?
Il primo dilemma è proprio questo: come si distingue una scena d’amore “volgare” da una che non lo è? Il numero di dettagli? L’uso di parolacce? La presenza o meno di un atto sessuale completo?
Se lo chiedi a dieci persone, probabilmente otterrai dieci risposte diverse. La ragione è semplice: il concetto di “volgare” dipende in buona parte dalla sensibilità della singola persona. Ci sono persone che si scandalizzano perfino per un bacio con la lingua o per un doppio senso. La prima cosa da imparare è questa, quindi: non farai mai contenti tutti, nel momento in cui decidi di scrivere di sesso.
Chiarito questo punto, bisogna però ammettere che ci sono errori tecnici che rendono alcune scene più “volgari” di altre.
Perché bisogna “mostrare”, invece che raccontare?
“Show, don’t tell”, dicono gli americani. “Mostrare, non raccontare”, per gli scrittori nostrani. Questo mantra viene ripetuto all’infinito nei circoli di scrittura e, per motivo o per l’altro, è sempre al centro di dibattiti feroci tra i sostenitori del mostrato e i detrattori.
Sorvoliamo sulle polemiche e andiamo dritti al punto: se vuoi che il lettore si immerga nella scena che stai descrivendo, che sia erotica oppure no, devi fornirgli particolari concreti di ciò che sta succedendo. Mostrare, appunto, e non limitarti a fare un riassuntino di quanto sta capitando.
Per farti un esempio, devi descrivere la sensazione del sudore che ti bagna la fronte, l’odore di sale, le gocce che scivolano dalla tua attaccatura dei capelli e che finiscono sulla schiena del partner; non limitarti a un “ero tutto sudato”.
Spesso la “volgarità” di una scena d’amore sta proprio nella frettolosità. Invece di un incontro tra due persone che si girano intorno, si corteggiano e infine cedono agli istinti, il lettore legge un riassuntino da film porno.
Il problema del “mostrato” fatto male
La teoria del mostrato è facile, l’applicazione molto meno. Quando si tratta di “mostrare” una scena d’amore, i più si limitano a scrivere un elenco di azioni in ordine cronologico. Punto. È ovvio che l’immagine che ci viene restituita sia piuttosto sterile e, qualche volta, persino squallida. È come se stessimo guardando due robot che seguono dei comandi.
Se l’obiettivo è descrivere un rapporto sessuale che metta tristezza o che disgusti, va benissimo così. Se però vuoi eccitare il lettore, devi prendere un’altra strada.
Siamo sicuri di aver capito cos’è veramente il “mostrato”? Probabilmente la risposta è no.
Marco Carrara, un ottimo editor noto soprattutto nel mondo del fantasy, parla di “filtro del personaggio”. L’obiettivo del mostrare è immergere il lettore nella scena, proprio come se la stesse vivendo in prima persona. Se però rifletti su come tu stesso vedi il mondo, ti renderai conto di una cosa: è sempre filtrato dalla tua mente.
Tutti noi vediamo il mondo attraverso un vetro fatto di pensieri, bias, sensazioni. La realtà “oggettiva”, quella vista dall’alto e senza filtri, non esiste; o, quanto meno, non è qualcosa di cui abbiamo esperienza. Questo vale anche per il sesso.
Ecco perché le scene di sesso mostrate male, ovvero nelle quali ci sono solo le crude azioni dei personaggi, hanno sempre un’aura di volgarità. Perché nella vita reale, quando io o te o il tuo partner facciamo sesso, lo percepiamo sempre attraverso il nostro personale filtro di pensieri e sensazioni; e sono proprio i pensieri e le sensazioni che alimentano l’eccitazione.
Quando il filtro manca, il più delle volte sfuma anche l’eccitazione e rimane solo il porno brutto.
Come scrivere una scena d’amore
Per scrivere una buona scena d’amore devi mostrarla. Mostrarla davvero, però: niente elenchi. Il primo passo è quindi scegliere un punto di vista – ovvero il personaggio di cui userai il “filtro” visto sopra – e rimanervi ancorato; per il tempo della scena, quanto meno.
“Non è meglio far vivere l’esperienza da entrambi i punti di vista?”
No, mio caro collega: saltellare da un punto di vista all’altro è il modo migliore per far venire il mal di mare al lettore. Non solo diventa più difficile stare dietro a chi sta vivendo cosa, ma anche l’immersione nella mente del personaggio risulta più difficile. Quindi un punto di vista alla volta, per favore.
Una volta scelto il punto di vista, pensa a cosa vuoi che succeda. Il mostrato farlocco è quasi sempre figlio dell’incertezza: tu autore non hai idea di cosa vuoi far vivere al lettore, quindi improvvisi e butti dettagli a casaccio sul foglio.
Chiariamoci: se questo ti aiuta a fare chiarezza, va benissimo. Lungi da me giudicare il tuo processo creativo. Preparati però a riscrivere un bel po’ di pezzi, una volta che avrai visualizzato la scena dal punto di vista del tuo personaggio.
Non solo vista
Ripensa all’ultima volta che hai fatto sesso, visualizzalo ben bene: hai usato solo la vista? Credo proprio di no. Allora perché la tua scena di sesso dovrebbe basarsi solo su input visivi?
Affinché una scena d’amore sia coinvolgente, la chiave è inserire particolari provenienti da tutti i sensi e intramezzati dai pensieri del punto di vista. Al suo interno ci saranno quindi le azioni dei personaggi, ma anche gli odori e i sapori e gli stimoli tattili. Il tutto condito con la sana dose di pensieri zozzi e/o paranoici che accompagnano queste situazioni.
Come capire quali stimoli inserire e quali no? È importante descrivere dell’odore di sudore, oppure è meglio concentrarti sulla sensazione dei peli lunghi pochi millimetri che si strofinano contro il pube? Dipende in parte dal punto di vista scelto (è il tipo di persona che farebbe caso a una depilazione incompleta?), in parte dal tuo stile.
Alcuni autori preferiscono immergersi poco nella mente dei propri personaggi, dando quindi una descrizione tutto sommato superficiale delle loro sensazioni e di ciò che pensano. Ovviamente, il rischio è che la scena risulti un po’ troppo sterile.
Paroline e parolacce
Infine, l’annosa questione cui starai sicuramente pensando: come devi chiamare i genitali? Inizio col dirti come non devi chiamarli.
Evita i vezzeggiativi, i giri di parole, le metafore articolate. Niente “mi toccò là dove sgorgava il mio piacere” o “accarezzò il fiore più delicato che si nascondeva tra le mie cosce”. Insomma, lascia perdere tutte le espressioni che non consentono di visualizzare la situazione e che, anzi, servono proprio a nascondere ciò che succede dietro tende di parole.
A meno che tu non stia usando un punto di vista inibito o che ama queste espressioni, chiama le cose con il loro nome: mostra clitoridi, grandi labbra, peni e compagnia cantante per quello che sono. Ti sembra “volgare”? Ne parleremo nel prossimo paragrafo.
Chiamare le cose col proprio nome non significa finire nel turpiloquio, non necessariamente. L’uso di parole come “cazzo” o “figa” dipende dalla sensibilità di chi scrive e dal punto di vista scelto.
Se descrivi la scena dal punto di vista di un uomo rude e maschio, che si lava due volte all’anno e che considera i baci roba “da gay” (per non dire altro), non puoi tirare in mezzo fiori e grotte segrete. Non senza far ridere il lettore.
Scrivere di sesso senza essere espliciti
Sembra una contraddizione in termini, ma si può scrivere una scena d’amore senza essere espliciti? Per alcune persone il solo “scrivere le cose come stanno” basta per scadere nel volgare, con conseguente disagio. Ecco quindi i riassuntini di cui sopra, le metafore, eccetera.
Vediamo come scrivere di sesso senza essere espliciti né commettere certe bestialità.
– Fermati sul più bello. Descrivi la tensione sessuale, il corteggiamento e anche i preliminari, se te la senti. Arrivato il momento, vai in dissolvenza e comincia il nuovo paragrafo con i due a letto. Io ti picchierei per una cosa del genere, ma sono una persona cattiva e perversa.
-Usa i dialoghi. Infila i particolari piccanti in una conversazione. Può essere una chiacchierata con la migliore amica, oppure una litigata con il partner: decidi tu. L’importante è tenerti breve e usarlo al massimo una volta o due per romanzo, altrimenti inizia a diventare noioso.
-Fai emergere il ricordo. Il punto di vista vede qualcosa che gli fa tornare in mente un particolare della notte d’amore. Anche in questo caso, non esagerare.
-Punta sul sesso “noioso”. In quasi tutti i film mainstream, le scene d’amore si svolgono come segue: bacio; svestizione reciproca, rigorosamente a rallentatore; sesso alla missionaria; particolare della mano di lei che stringe il lenzuolo. Perché? Perché è l’unico modo per essere sicuri di non scandalizzare nessuno (o quasi). Se quindi vuoi mostrare una scena di sesso che sia il più possibile “innocua”, tira fuori dal cassetto l’esperienza sessuale più basica che ti viene in mente.
Chi scrive racconti erotici è un perverso?
Chiudo con una piccola nota: scrivere racconti erotici non significa essere perversi (qualunque cosa significhi “perverso”). Le persone scrivono scene zozze per i motivi più diversi, dai soldi (perché comunque il sesso vende qualcosina in più, inutile negarlo) all’eccitazione sessuale; non per questo sono cattive o poco degne di rispetto.
Morale della favola: scrivi tante, zozzissime scene d’amore, se vuoi. Altrimenti, naviga verso altri lidi. L’importante è essere felici mentre si scrive.